Sabato 25 novembre, con la conferenza dal titolo “La battaglia di Pavia e il futuro della difesa europea 1525-2025”, è proseguito un percorso, iniziato l’anno scorso in Aula Magna dell’Università, che intende valorizzare “le rilevanti analogie fra la battaglia di Pavia, evento europeo e moderno, e le attuali sfide geopolitiche attraverso incontri che sollecitino riflessioni e proposte”.
Informazioni più puntuali sono disponibili sul sito di Aspen Institute Italia, che ha organizzato l’evento, che secondo La Provincia pavese dello stesso giorno non ha parlato molto del passato quanto del futuro, ovvero dell’imprescindibile esigenza per l’Europa di aumentare la spesa militare.
A leggere dalla cronaca chi era presente, non stupisce che Leonardo, l’azienda italiana più in vista sul mercato degli armamenti ad alta tecnologia, di proprietà per 1/3 dello stato italiano, dica che bisogna aumentare la spesa militare. Non stupisce nemmeno che dica la stessa cosa il Ministro della Difesa Crosetto, già Senior Advisor di Leonardo, e presidente di Orizzonte Sistemi Navali, la società tra la stessa Leonardo e Fincantieri che costruisce le nostre navi da guerra.
Spiace che nessuno tra amministrazione della città presente con il Sindaco Fracassi, o Università di Pavia, sia stato in grado di porre almeno il dubbio che l’evoluzione della tecnologia militare non sia la soluzione dei problemi che derivano dalla guerra, ma, quantomeno, una delle cause.
Nella Battaglia di Pavia, hanno avuto, pare per la prima volta, un ruolo determinante le armi da fuoco.
In successive epoche storiche ugualmente determinanti sono stati, anche secondo l’Aspen, la progressiva estensione della guerra al cielo, allo spettro elettromagnetico alle telecomunicazioni e in futuro chi sa a cos’altro. Non viene invece il sospetto che il progresso per l’umanità si realizzi in realtà quando si smette di pensare alla guerra e la stessa tecnologia si riconverte alla pace?
La guerra in Ucraina dimostra quello che era chiaro già studiando la battaglia di Pavia, la corsa agli armamenti porta solo a nuove distruzioni e nuove armi portano, più presto che tardi, ad altre armi che ne bilanciano i risultati sul campo.
L’idea che l’Europa debba unirsi anche ai fini della difesa ha una sua ragione, ma il fine non può essere primariamente quello di acquistare carri armati e aerei più costosi. Una difesa comune europea dovrebbe avere il primo obiettivo di ridurre le spese militari per destinare ad altro le risorse.
Più volte il Papa ha parlato della terza guerra mondiale a pezzi e del ruolo che i “mercanti di morte” hanno in tutto questo.
Discutere con l’Aspen Institute che si prefigge “l’internazionalizzazione della leadership imprenditoriale, politica e culturale del Paese attraverso un libero confronto tra idee e provenienze diverse” può anche servire a incontrare chi porta certi interessi per trovare vie praticabili per la Pace, ma bisogna avere il coraggio di porre anche domande scomode.
Politica e Università dovrebbero aiutare anche in questo, ovviamente noi cittadini dovremmo incoraggiare con la nostra partecipazione: siamo consapevoli di questa responsabilità?