In occasione della sua Beatificazione, (sabato 30 aprile) ci sembra opportuno approfondire qualche aspetto della vita di Armida Barelli, perché conoscerla da vicino consente di riflettere su una “rivoluzione femminile” ancora da portare a compimento. La sua grande “lezione” è racchiusa nella fiducia riposta nel valore che le donne rappresentano in un tempo di profondo cambiamento politico, sociale ed ecclesiale, come è anche quello odierno.
Nel 1923 Armida scriveva alle donne: «Avanti […] tutte insieme, professoresse e analfabete, aristocratiche e contadine, studenti e operaie, maestre e impiegate, casalinghe e artigiane» perché – ribadiva alla vigilia del primo voto femminile – «siamo una forza, in Italia, noi donne».
Il suo metodo di lavoro – di “apostolato” certamente, ma anche di promozione sociale di quella che all’epoca era una “categoria” invisibile, relegata in modo pressoché esclusivo fra le pareti domestiche – non si accontentava di slogan ed esortazioni, per quanto efficaci. Affinché le giovani potessero effettivamente incidere nella Chiesa e nella società, la Barelli si dedicò alla loro formazione e istruzione. «Essere per agire», «istruirsi per istruire», erano le parole d’ordine che venivano proposte alle giovani e che si concretizzavano in iniziative significative.
Il primo “corso di propaganda” (il nome che allora avevano i percorsi formativi), che nel 1919 chiamò a raccolta le giovani donne cattoliche, ebbe a tema la “questione sociale”: non un corso di “economia domestica”, come era abituale proporre alle ragazze in età da marito, ma una preparazione seria sui temi scottanti del tempo. La Barelli insegnava a stare davanti alle autorità, civili e religiose, con dignità, vincendo timidezze e senso di inferiorità, a parlare in pubblico «senza niente leggere e niente imparare a memoria, convinte per convincere». Uno stile incarnato da lei per prima, sempre conciliante ma mai arrendevole.
Scriveva Maria Dutto, ripercorrendo la figura della Barelli: «Le giovani capiscono e abbracciano con slancio la novità di vita proposta: imparano a leggere per seguire quanto la Barelli scrive loro; scelgono, sull’esempio della Barelli, vocazioni diverse da quelle seguite a quel tempo; partono la domenica, a piedi, in bicicletta, in treno per raggiungere città e paesi, per incontrare altre giovani desiderose di conoscere le nuove prospettive che la Gioventù Femminile offriva. È una rivoluzione pacifica che troverà le donne disposte, nell’immediato dopoguerra, ai compiti sociali e politici a cui verranno chiamate. Per migliaia e migliaia di giovani donne stare a contatto con la Barelli ha rappresentato un nuovo modo di essere Chiesa».