Armida Barelli sarà beata

È stato riconosciuto il miracolo attribuito alla fondatrice della Gioventù femminile di Azione Cattolica

Armida Barelli è stata definita “donna tra due secoli”, infatti, come scrive di lei Maria Sticco “nasce nel tempo dei lumi a petrolio, dei treni a carbone, delle carrozze a cavalli e muore al principio dell’era atomica; nasce quando le ragazze perbene non escono sole, né a capo scoperto, non studiano nelle scuole maschili, non partecipano alla vita pubblica e muore quando le donne, anche giovanissime, godono piena libertà di movimento”. Dopo gli studi in un collegio svizzero torna a Milano, dove conosce padre Agostino Gemelli, dando inizio ad una collaborazione che durerà tutta la vita: Azione Cattolica, Istituto Secolare Missionarie della Regalità, Università Cattolica del Sacro Cuore.

Nel 1918, su richiesta dell’arcivescovo di Milano card. Ferrari, che intuisce le sue doti organizzative e conosce le sue qualità morali, fonda la Gioventù Femminile Cattolica Milanese, diventando così la “Sorella Maggiore” di un gruppo di giovani donne che dalle parrocchie milanesi si ritrovano in vescovado ad approfondire problemi teologici e sociali.

L’esperienza positiva di Milano spinge papa Benedetto XV ad affidarle il compito di far nascere la Gioventù Femminile di Azione Cattolica in tutte le diocesi italiane. Armida Barelli si sente inadeguata, vorrebbe rifiutare l’incarico, anche perché da tempo sta maturando in lei l’idea di partire come missionaria, ma il Papa le risponde: «La sua missione è l’Italia», e la invia «non come maestra tra allieve, ma come sorella tra sorelle», perché le giovani prendano coscienza del loro essere cristiane e riscoprano la loro dignità di donne.

​Armida così, a 35 anni, inizia il suo primo giro lungo la penisola per proporre un cammino esigente e difficile: andare controcorrente, grazie all’impegno personale della formazione e alla vita di gruppo, un progetto che segnerà la vita di tante giovani donne. Sono centinaia di migliaia le giovani che riesce a coagulare attorno agli impegnativi propositi della GF, proponendo loro gli ambiti traguardi di “essere per agire”, “istruirsi per istruire”, “santificarsi per santificare”.
Nel 1921 fa parte del gruppo dei fondatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e ne diventa indispensabile “cassiera”. Accompagna con straordinaria efficacia tutte le fasi di sviluppo dell’Ateneo per i primi trent’anni contribuendo, soprattutto con l’annuale Giornata per l’Università Cattolica a mobilitare i cattolici italiani.

Organizza convegni, settimane sociali, attività per le missioni ed è sempre aperta ad accogliere quelle esperienze di altri Paesi che possono essere trasferite nella realtà italiana, segnata dal regime fascista, che lei considera incompatibile con la formazione della Gioventù Femminile. Al crollo del regime, continua un’opera preziosa per l’inserimento nella vita politica delle donne. Volendo tracciare la storia del “femminismo cattolico” certamente un posto di rilievo merita infatti la sua azione non solo  in campo culturale ma anche in campo politico, a cominciare  dalla sua battaglia per il voto femminile, senza dimenticare che  chiama a collaborare indistintamente sia ragazze borghesi sia contadine, le invita ad uscire, talvolta a lasciare la famiglia, ad impegnarsi concretamente nella vita; e molte di loro si buttano nell’azione, rompendo quegli schemi rigidi in cui la società le aveva imbrigliate.
Nel 1946, Armida viene nominata vice presidente generale dell’Azione Cattolica da Pio XII. Nel 1949, si ammala di paralisi bulbare, malattia che la porterà alla morte. Scrive: “Accetto la morte, quella qualsiasi che il Signore vorrà, in piena adesione al volere divino”. Muore il 15 agosto 1952 a Marzio (Varese). È sepolta dal 1953 nella cripta della cappella dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano.

L’arcivescovo di Milano, Mario Delpini dice che, guardando ad Armida Barelli: “Le donne di oggi potranno trovare ispirazione per essere protagoniste della storia. L’Azione Cattolica riceverà la grazia di intensificare la sua qualità associativa e l’incisività della sua opera. Tutti noi troveremo in lei una sorella che accompagna il nostro cammino, incoraggia la nostra testimonianza, infonde lungimiranza nel nostro impegno”.

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