Alcuni episodi accaduti ultimamente hanno l’inquietante fattore comune dell’apparente “normalità“ del contesto di partenza.
Se non possiamo confinare il male ad un contesto di “marginalità “, almeno rispetto a noi, è ovvio che ne siamo spaventati: abbiamo un motivo in meno per sentirci al sicuro.
Il male esiste, come ci ricordava anche il Vescovo, e Gesù stesso ci ha insegnato a chiedere direttamente a Dio, nella preghiera del Padre Nostro, di liberarcene.
L’umanità vuole capire il mondo con la scienza e cambiarlo in meglio con la tecnologia, la politica, continuamente sperimentando fallimenti.
La necessità dei media di proporre sempre contenuti nuovi, ma anche la quantità delle fonti di informazione disponibile oggi, fa sì che rischiamo di percepire la nostra quotidianità come una permanente emergenza.
Oltre a suonare un po’ offensivo per chi davvero le attraversa le emergenze, questa logica rischia di toglierci la lucidità per trovare, ognuno per quello che può fare, il proprio pezzo della soluzione.
Spesso siamo preoccupati di dare un giudizio sulla realtà e se, come spesso succede, si riscontra una distanza dal Vangelo, siamo tentati di guardare da un’altra parte perché in fondo non abbiamo mezzi per intervenire.
Per questo rischiamo di concludere che la scienza è importante, ma in fondo non ha certezze, la tecnologia è pericolosa, la politica è corrotta e quindi, in definitiva, non interessano i cristiani.
I padri conciliari ci hanno ricordato tempo fa, ma è quanto mai attuale, che le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi sono le stesse dei discepoli di Cristo.
Con parole diverse, e ricorrendo in anticipo sui tempi all’inglese, Don Milani ha suggerito il motto I care. Mi interessa.
Per uscire dalla logica dell’emergenza che ci paralizza, dobbiamo fare la fatica di interessarci, di approfondire e capire dove ognuno di noi può e deve intervenire, probabilmente anche lasciando perdere il giudizio e facendosi veramente prossimo.
Che non vuol dire accettare il male, ma applicare più che la categoria del giudizio, quella del discernimento, per scoprire che è il Signore stesso che ha già seminato e noi dobbiamo solo scoprire come possiamo contribuire a non soffocare i semi di bene e le richieste di aiuto. Magari semplicemente mettendoci in ascolto.
Per questo oltre al doveroso approfondimento delle occasioni di partecipazione, e la Diocesi promuove una Scuola per questo, è necessario che le persone si abituino al confronto con la realtà del mondo, che richiede sì competenza, ma soprattutto Amore.