(tratto dall’articolo di Gianni Di Santo – dal sito dell’Azione Cattolica Italiana)
Con il Concistoro del 30 settembre, papa Francesco ridisegna ancora una volta la mappa geografica dei cardinali sparsi per il mondo. Una visione non più “romanocentrica”, quella del pontefice. D’altronde non potrebbe essere altrimenti. Papa Francesco non fa altro che seguire la sua idea di “Chiesa in uscita”: Roma in questo senso è il centro della cristianità che assolve il suo primato nella carità, non un centro di potere.
La Chiesa di Francesco è una Chiesa delle periferie, dei lontani e dei dispersi, di chi soffre per le guerre e scappa da regimi dittatoriali. La Chiesa dei perseguitati per fame e sete di giustizia, quella delle Beatitudini. Un cristianesimo vivo, seppur minoritario e alcune volte in difficoltà nei più disastrati angoli del mondo, che Francesco ci riporta alla nostra attenzione, ad esempio, con la nomina dei nuovi cardinali.
I 21 nuovi cardinali scelti, tra i quali spiccano il nome di tre ultraottantenni che non potranno partecipare a un futuro Conclave perché oltre i limiti di età, sono volti noti non tanto all’universo mediatico, proprio perché provenienti dagli angoli più lontani del pianeta. Certo, tra i cardinali c’è sempre qualcuno che opera in Vaticano, i Prefetti, le diocesi più importanti. Però i nomi che scorgiamo dalla lista dei nuovi porporati rappresentano, spesso, una Chiesa di minoranza, esposta alle sofferenze di una fede che incontra ostacoli in territori dove invece il cristianesimo è profetico.
Un Collegio cardinalizio, quello attuale, che si appresta a essere un crocevia di minoranze e lontananze, espressione di una Chiesa non tanto legata al potere, ma al servizio e alla compagnia spirituale del popolo di Dio.
Questo è il nono Concistoro di Francesco, e 99 sono i cardinali creati da papa Francesco. Una netta ricostituzione del collegio cardinalizio rispetto ai cardinali scelti da Giovanni Paolo II, che proprio in questo ultimo decennio hanno superato la fatidica soglia degli 80 anni, l’età per la quale non possono più partecipare a un Conclave.
In una Chiesa che guarda al mondo e alle sue lontananze, una Chiesa “incidentata piuttosto che ammalata di chiusura”, come ebbe modo di dire Francesco, iniziamo a far conoscenza con i volti e i sorrisi di questi nuovi servitori della fede.
L’annuncio del Vangelo, oggi, non parte unicamente dalla (qualche volta) stanca e vecchia Europa. Guarda all’estremo oriente, scende a sud del pianeta, nasce di nuovo ad est in una fecondità spirituale tra occidente e oriente che non ha paura del futuro.
Una Chiesa aperta, “in uscita”, che dialoga con il mondo. Anche quello che non conosciamo e appare più lontano da noi.