Riportiamo alcuni tratti importanti degli Assistenti AC emersi durante il recente Convegno nazionale a Roma, ringraziando Don Davide e Don Marco per l’accompagnamento, la condivisione e l’amicizia per la nostra AC.
Al centro la cura, la sinodalità, la fraternità: le parole di oggi per sentirsi Chiesa viva, in un tempo benedetto che ci sprona a riprogettare energie e idee per il bene del Paese.
Parlarsi. Con stile fraterno, allontanando il pericolo di un linguaggio “ecclesialese”. La sinodalità esorta a creare luoghi di scambio tra diverse realtà interparrocchiali e interdiocesani, in una rimodulazione del tema delle alleanze. E allo stesso tempo, ridefinisce e ricalibra la dimensione della territorialità, concependola in maniera più ampia, inclusiva e creativa, come spazio del dirsi e farsi della Chiesa.
Nei workshop tematici si è parlato molto di abiti, asole e bottoni. Anche i sacerdoti devono farci i conti, domandandosi cosa racconta l’abito che ci si è cuciti addosso. Questa veste parla agli altri di Dio come quella trasfigurata di Cristo?
Così abbottonarsi/sbottonarsi è il segno di chiusura/apertura nei confronti del mondo e degli altri. Ci si abbottona per proteggersi, per non essere esposti alle “intemperie” esterne, per non lasciarsi giudicare. Ma ci si sbottona per lasciar emergere qualcosa di sé, lasciar “scappare” una confidenza, una dimensione di intimità e di segretezza. E così attaccare bottone è un’espressione cara per indicare l’avvio di una comunicazione, una forma di “aggancio” e di primo approccio con gli altri. Il bottone, quindi, è l’elemento relazionale dell’abito, quello che indica il rapporto con l’altro e con l’esterno, quello che crea possibilità di espressione e di comunicazione.
Dopo il vestito, le mani. È mons. Sigismondi a parlarne: “I gesti delle mani sono più numerosi ed eloquenti dei termini di un vocabolario. E le mani di un prete, le nostre, impregnate dal vescovo con il crisma il giorno dell’ordinazione, quale lingua parlano? Sono mani benedicenti se fanno grondare il crisma su tutto ciò che lo sguardo accarezza, sono mani aperte se sanno porgersi a chi le tende, con delicata tenerezza e mite fortezza. Al contrario, sono mani vuote perché all’alba non ci si è spinti al largo con i remi della meditazione e la vela dell’adorazione. Sono mani sporche se sono rimaste troppo a lungo incollate sulla tastiera di un tablet o di un cellulare, concedendo spazio alle connessioni e sottraendo tempo prezioso alle relazioni”.
Gli assistenti di Ac sono chiamati a salire a bordo sulla barca dell’associazione non per reggere il timone, bensì per aiutare i fedeli laici a mettere le mani nella pasta del mondo e non nei cassetti delle sacrestie.