Guerra e pace, democrazia e tasse: come fare discernimento?

La democrazia, qualcuno diceva, è la peggiore forma di governo tranne le altre finora sperimentate.

Qualche volta questo è un problema anche per i cattolici, in una società dove l’aborto è un diritto e gli ultimi sono il nemico. 

Quando è stato lanciato il progetto “Nessuno si salva da solo “(che continua con finalità diverse), sembrava essersi insinuato almeno il dubbio che le tasse potessero servire a garantire la cura a tutti.

Già allora l’idea di rinunciare a una parte delle proprie entrate per gli altri aveva fatto un certo scalpore, vista dal giornale locale come “patrimoniale dal basso”, che pare impressionare ancora di più oggi. 

I migranti sono tornati infatti a essere emergenza e invasione; i fisiologici abusi del reddito di cittadinanza sono sempre più sbandierati sui media, mentre la pace che si invoca di più è quella fiscale ovvero la rinuncia dello Stato a recuperare l’evasione. 

Non possiamo quindi meglio destinare le tasse che finanziano le strutture di peccato? 

La domanda si ripropone spesso, specialmente di fronte all’apparente impotenza di fronte a scandali che si ripetono, come l’entusiasmo con il quale l’Europa ha per prima cosa finanziato le proprie industrie belliche per difendere l’Ucraina. 

La risposta è sicuramente sì, ma deve essere stabilito come scelta condivisa nella democrazia che è un sistema che ci tutela tutti, sebbene a un prezzo.

Il Beato Teresio Olivelli è un esempio vicino a noi di fedele laico che è rimasto, finché ha potuto, dentro a un sistema che ai nostri occhi moderni era già evidentemente ingiusto, cercando di vivere in esso la sua Fede.

Quando ha scelto la ribellione lo ha fatto fino in fondo, dando la propria vita.

Di fronte a una scelta di questo tipo è stato messo, suo malgrado, il popolo ucraino e non è affatto scontato che la guerra in armi sia stata una scelta così inevitabile, ma non è così facile giudicare.

Il compito di noi cattolici che, problemi a parte, siamo al caldo, è quello di proporre tutte le azioni di pace che possiamo, ma nel sistema democratico, perfino confrontandoci con chi tra noi ritiene questa guerra una difesa dei valori spirituali contro il materialismo dell’occidente. 

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