Noi e la pace

Noi, popolo di obiettori di coscienza sotto l’ombrello della NATO, abbiamo capito poco il gesto di molti uomini ucraini, già al sicuro in occidente, che sono tornati al loro paese per combattere in armi. 

Solo gli storici, fra qualche anno potranno dirci se la resistenza militare all’esercito di Putin avrà davvero contribuito a rallentare quella che lui pensava come un’agevole dimostrazione di forza per trasformarla in una disastrosa avventura politica o semplicemente avrà aggiunto lutti e devastazione ad una vicenda che si sarebbe potuta chiudere senza sangue. Questo almeno se ci saranno ancora , gli storici, perché le pressioni internazionali e l’evidenza dei fatti avranno portato ad una soluzione diversa dalla guerra nucleare; dobbiamo comunque confidare nel disegno di Dio e a quello ci rimettiamo.

Conviene del resto astenersi dalle previsioni perché sono risultate sbagliate tutte quelle basate sul fatto che dalla guerra non avrebbe guadagnato nessuno. In effetti qualcuno ci ha già guadagnato, stando alle quotazioni dei produttori dei sistemi d’arma che diverse nazioni, anche notoriamente “neutrali” si sono generosamente affrettate a fornire ai difensori grazie alla stessa Comunità Europea. 

Come Chiesa, oltre a continuare ad essere vicini ai fratelli ucraini, dobbiamo però davvero capire che se è indispensabile essere fedeli nel poco, abbiamo già responsabilità sul molto. I problemi internazionali le questioni del disarmo, le stesse problematiche ambientali non possono essere dimenticate, perché, come si è visto, sono loro, prima o poi, a occuparsi di noi. Il controllo degli armamenti, piccoli e grandi, è un aspetto del più vasto problema dell’uso della tecnologia per il bene dell’uomo, che deve sempre deve interrogarci. 

Nemmeno è possibile giudicare la realtà da una sola angolatura, riducendo sempre tutto ad una lista di controllo sui famosi valori. La guerra in Europa ha coinvolto due popoli cristiani ad opera di un leader che più volte si è speso per la Famiglia Tradizionale.  Ovviamente non tutti possiamo occuparci di tutti i problemi, ognuno di noi è chiamato a coltivare i propri talenti, rispettando e apprezzando lo sforzo degli altri, senza la paura di essere divisi i, perché disponibili a comprendere il punto di vista dell’altro.  Si chiama democrazia, e come abbiamo visto, è un bene comune da custodire, nella Chiesa si chiama Sinodalità, e anche a questa siamo chiamati.  Anche quando è più difficile. 

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