Ricuciamo la Pace è lo slogan del Mese della Pace 2022 dell’Azione Cattolica Italiana.
Alla giacca di fustagno è caduto un bottone? Al soprabito di velluto si è scucita la fodera? Al reggiseno di pizzo si è allentato l’elastico? A un paio di sandali si è staccata la fibbia? Non vale la spesa ripararli! Porta via al macero, senza scrupoli. Anzi no! Un momento! Tra giorni passeranno quelli della Caritas parrocchiale. Così ci liberiamo il guardaroba da ingombri fastidiosi. (Lettera a San Giuseppe, Don Tonino Bello )
Prendere ago e filo per ricucire uno strappo su un capo d’abbigliamento, o provare a cercare un sarto per rammendare un maglione sfilacciato possono sembrare gesti antichi e un po’ superati. Prima ancora di pensarci o di provarci si decide di mettere via il maglione, di buttarlo via e acquistarne uno nuovo. Coloro che scegliessero di recarsi da un sarto per chiedergli di rammendarlo potrebbero notare sul suo volto la fronte corrucciata e l’espressione un po’ preoccupata nell’osservare la forma e la dimensione del buco. Tanta preoccupazione e meticolosità per un’operazione all’apparenza così semplice. Ciò che un occhio poco esperto non nota e che invece un artigiano sa bene è che ogni millimetro in più di trama spezzata accresce di molto il tempo necessario a rammendarla. Scegliere, separare, riannodare, trovare il filo giusto per non scomporre la trama originale: operazioni che richiedono grande manualità, tempo e attenzione.
Oggi, purtroppo, qui da noi di botteghe artigiane ne sono rimaste veramente poche. Al loro posto sono subentrate le grandi aziende di consumo: non si genera più, o meglio si concepisce solo l’archetipo, ma senza passione e con molto calcolo. (Lettera a San Giuseppe, Don Tonino Bello)
Provocatoriamente Don Tonino Bello più di trent’anni fa invitava a riflettere sulla difficoltà di conciliare la cura delle cose e delle persone con la velocità e la frenesia che caratterizzato il nostro tempo. Il creato e le relazioni tra gli uomini hanno bisogno di una cura assidua e feconda. Ricucire presuppone pazienza, dedizione e attenzione; in una parola: cura. A volte occorre “rammendare” situazioni e relazioni che rischierebbero di restare spezzate, sfilacciate. Ricuciamo la pace diventa esortazione a creare punti generativi di una rete che funziona e si spende per gli altri. Il verbo ricucire usato alla prima persona plurale evoca un’opera comune, per la realizzazione della quale ciascuno, nel proprio piccolo e con le proprie forze, svolge un lavoro fondamentale non da solo, ma pienamente incluso nella propria comunità. Tutti insieme possiamo tessere una trama fitta di quotidiane e genuine relazioni per riparare gli strappi e conservarli in un abbraccio più forte.