L’Azione Cattolica e il cammino sinodale della Chiesa al centro dell’incontro/intervista con mons. Erio Castellucci, arcivescovo abate di Modena-Nonantola, vescovo di Carpi e vicepresidente della Cei, intervistato da Vania De Luca e da Gioele Anni durante il Convegno Presidenti e Assistenti diocesani di Azione Cattolica.
Dopo aver presentato le tappe del cammino sinodale, Mons. Castellucci ha precisato che la Chiesa è sempre strutturalmente in cammino, è per costituzione “pellegrinaggio” e deve «rifuggire il rischio di sedersi, sistemarsi, fermarsi». Questo comporta la capacità della Chiesa «di riformarsi e adattarsi costantemente»; una capacità di «revisione e rinnovamento» orientata «completamente verso la missione». Ecco perché contiamo su «un Sinodo aperto, un cammino che non sarà solo dei vescovi, dei presbiteri, delle parrocchie, degli operatori pastorali, ma che inviterà e ascolterà anche quelle voci che spesso non si sentono nelle nostre comunità». Si confida «nella pienezza del contributo di tutti e dei laici in particolare», «senza l’ansia di dover fare chissà che cosa, senza la macchinosità di strutture, dando la priorità alle esperienze di incontro e ascolto, mettendo al centro le persone e le relazioni. …E’ questa la dimensione di una Chiesa sinodale, la corresponsabilità, che non significa confondere le responsabilità, ma assumere insieme una risposta».
La diffusione capillare dell’Azione Cattolica sarà di grande aiuto nel fare in modo che «si concretizzi la richiesta di Francesco di procedere con un Sinodo “dal basso”, operando cioè una vera e propria consultazione del popolo di Dio». L’Azione Cattolica può aiutare i vescovi «a rendere capillare la sinodalità, far parlare tutti quelli che lo desiderano, creando luoghi e tempi di ascolto».
Ciò che i laici, e i laici di Ac in particolare, possono e debbono sperimentare e testimoniare è «la mescolanza virtuosa tra teoria e pratica, essere allo stesso tempo catechisti e operatori di carità. In Ac questo si può realizzare con maggiore facilità, per il suo essere associazione di popolo, poiché è tipica della sua storia la dinamica della santità del quotidiano».
Ciò da cui si deve restare alla larga è il peccato del clericalismo: «più pericoloso della variante delta». Ciò cui si deve dare spazio e visibilità è «la vita quotidiana delle nostre realtà, fatta di carità, di attenzione, di visite alle persone, di accoglienza, di catechesi, di accompagnamento spirituale», «attraverso un ascolto profondo di esperienze di sofferenza, di gioia, di fatti di carità, di prassi di preghiera… E allora credo che veramente il sinodo potrebbe diventare un’esperienza di crescita».