Alla Villa Cagnola di Gazzada due giorni per un confronto sulla Chiesa del post-pandemia
La tristezza di aver dovuto rinunciare quest’anno al nostro Campo Estivo è stata (almeno in parte) mitigata da questa “due giorni” a Gazzada, a cui hanno partecipato più di quaranta persone. Il titolo, “Una comunità da ricostruire”, esprime chiaramente la preoccupazione di AC riguardo la Chiesa nell’era post-covid e insie-me il desiderio di riallacciare relazioni, di ritrovare coraggio e passione. Villa Cagnola, i colori e il tepore settembrino hanno fatto da piacevole sfondo a questo impegnativo weekend.
Sabato mattina don Lorenzo Mancini (assistente giovani e Msac dell’ AC di Pavia) ci ha invitato alla riflessione a partire dall’icona della Casa di Betania: accogliere, ascoltare e servire la parte migliore. La sua lectio del brano del vangelo di Luca (10,38-42) affiancato da un brano di S. Agostino (Discorso 103, 1-2) ci ha consentito di capire quanto non abbia senso la scelta fra vita contemplativa e vita attiva, come se una escludesse l’altra: una scelta parziale, che escluda una di queste “opzioni”, depaupera inevitabilmente la vita. Don Lorenzo ha poi proposto due differenti letture della crisi causata dalla pandemia, presentando le diverse posizioni di Giuliano Zanchi (“I giorni del nemico”), secondo il quale questa crisi ci ha travolti e ci ha trovati inermi, e di Tomas Halik (“Il segno delle chiese vuote: per una ripartenza del Cristianesimo) che vede nella pandemia una opportunità per un rinnovamento.
E poi…una passeggiata nel bosco che circonda villa Cagnola: chiacchiere, confronti, aggiornamenti, qualche foto e la gioia di camminare ancora insieme, come “prima”. In realtà tutti noi sappiamo bene che nulla più è “come prima” e questo è stato lo spunto approfondito da mons. Giovanni Giudici, che da Varese ha con gioia ed amicizia accolto l’invito di fare un pezzettino di strada insieme a noi. Dopo la celebrazione della Messa, ci ha regalato un’attenta e profonda analisi della situazione attuale della Chiesa, ricordando anche le catechesi del mercoledì di papa Francesco (a partire da quella del 5 agosto) riunite sotto il titolo di “Guarire il mondo”. Ha sottolineato la necessità per la Chiesa di evolvere le modalità di evangelizzazione, guardando al nuovo: pur senza dimenticare il patrimonio di due millenni di storia, il linguaggio di oggi non può prescindere dai mutamenti della società civile. Tante sono poi state le domande, le testimonianze, le speranze e i dubbi espressi, a cui mons. Giudici ha dato risposta, sostegno, incoraggiamento, con quella saggezza che ben conosciamo. È stato per noi tutti un incontro davvero speciale, carico di affetto e riconoscenza, che era ben visibile seppure con i volti coperti dalle mascherine, perché gli occhi esprimevano tutta la nostra gioia.
Domenica, dopo la recita delle Lodi, ci siamo riuniti per il terzo incontro. Don Lorenzo, riprendendo l’icona di Betania, ha sviluppato il tema di COME accogliere, ascoltare, servire la parte migliore, soffermandosi in particolare sul tema della missionarietà, i cui elementi essenziali sono la cura, le relazioni e la qualità. Ci ha anche ricordato che la missione è soprattutto un esercizio spirituale, attraverso cui il missionario (=ognuno di noi) si accorge che sempre è stato preceduto da Cristo, che lo attendeva proprio là. Gli interventi hanno posto interrogativi sull’attuale ruolo delle parrocchie e soprattutto sulla missione di AC in questa “comunità da ricostruire”.
Questa “due giorni” non ha dato ricette, non ha trovato soluzioni, ma attraverso uno schietto confronto ha permesso a tutti i partecipanti di dialogare, di riflettere, di ritrovare forse slancio e speranza per riprendere i nostri cammini o per crearne di nuovi, in questa ottica di riallacciare relazioni, di avere cura l’uno dell’altro, facendo nostre le parole di papa Francesco, che nella prima udienza generale di settembre ha sottolineato l’urgenza di “una nuova mentalità che pensi in termini di comunità”.