di Giuseppe Olivero
In preparazione all’Assemblea Diocesana dell’Azione Cattolica, Gianluca Galimberti, attuale Sindaco di Cremona e Presidente Diocesano per due trienni dell’AC di Cremona, nell’incontro pubblico organizzato al Broletto ci ha aiutati a “guardare la città con uno sguardo nuovo” partendo dalla sua esperienza.
Gianluca Galimberti, Sindaco di Cremona pro tempore, … per fortuna! dice, perché oltre alla bellezza e alla soddisfazione dell’impegno verifica ogni giorno che il servizio di sindaco è alquanto complicato e lo pone di fronte a limiti e difficoltà con momenti di inevitabile stanchezza.
Il consenso è uno dei punti delicati dell’opera del sindaco, comporta un confronto di umanità, impone di dare un senso all’attività, evidenzia il bisogno di una classe dirigente “diffusa”, che possa condividere le decisioni. Cosa significa dare un senso all’attività? Sapere e spiegare perché la fai. Dare un valore alle cose. Capire insieme ciò che vale di più e ciò che vale di meno. Il voto, cioè il consenso, viene espresso sulla base di valori. Come una retta così il senso ha una direzione e un verso: è necessario condividere i valori e la direzione in cui si va. E sul percorso condiviso tutti sono protagonisti essenziali.
Il problema è calare la scala dei valori nella quotidianità. Siamo tutti portatori di un profondo individualismo. A livello di principi ci possiamo anche trovare d’accordo, ma nei fatti del quotidiano prevale il mio interesse, ciò che è utile a me. Succede nel quartiere, nel condominio ecc. Persone anche generose non riescono ad uscire dal proprio particolare.
L’art. 2 della Costituzione recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” È un connubio di diritti e doveri, nel quale i miei diritti e doveri sono in relazione a quelli degli altri. I miei diritti (nel campo ad esempio dell’assistenza), pur sacrosanti in linea di principio, vanno contemperati con quelli degli altri, che possono essere più pressanti dei miei.
Occorre uscire dalla visione individualistica: “Guardare la città con uno sguardo nuovo”. Non può essere commisurato tutto e subito al mio interesse, al mio intorno. In generale non esistono soluzioni immediate. Ci manca il senso del futuro. Diciamo spesso: “Avremmo bisogno di statisti!”. Ma siamo sicuri di volerli? Il consenso si ottiene condividendo una direzione verso il futuro. Siamo noi gli statisti!!
Tre amici “pavesi” ci hanno poi aiutati a focalizzare lo sguardo e l’attenzione sulle caratteristiche specifiche della nostra città in alcuni ambiti specifici:
Maria Piccio coordinatrice area cultura dei Centri Servizio Volontariato Bassa Lombardia
Viviamo una società frammentata anche nel volontariato. C’è un grande fermento nell’area dell’assistenza e anche nell’area delle tematiche culturali. Ci sono vari gruppi organizzati e non, che collaborano con le istituzioni. Ci sono associazioni in cui operano persone motivate a darsi da fare, che spesso lamentano scarsità di adesioni. Occorre sempre verificare se s’intercettano i bisogni effettivi della città (la mission). Occorre disporre di luoghi d’incontro, dove trovare punti di riferimento. Bisogna porsi in un’ottica generativa, non assistenziale. Occorre far cadere gli steccati, fare gruppo, far emergere dal territorio gruppi magari anche informali.
Antonio Rovelli insegnante di scienze al liceo Copernico e guida turistica
Dare un senso significa chiarirsi cosa abbiamo in testa e dove vogliamo andare. Per noi, figli della provincia, esiste, per dirla con Cesare Angelini, il dovere della memoria. Da insegnante Rovelli incontra molti giovani e vede che spesso sono complicati. "La nostra gioventù ama il lusso, è maleducata, si burla dell'autorità e non ha alcun rispetto degli anziani. I bambini di oggi sono dei tiranni, non si alzano quando un vecchio entra in una stanza, rispondono male ai genitori, in una parola: sono cattivi". Non sono constatazioni del nostro tempo: lo diceva Socrate 2500 anni fa. Ma non è proprio così: se sai proporre, i giovani ti seguono e ti … superano. I trascendentali (unum, verum, bonum, pulchrum) devono entrare nel nostro animo e portarci a chiedere: “Come vorrei la mia città?” Cercare il coinvolgimento dei giovani. Ad esempio perché non proporre visite a monumenti, musei o chiese in orari notturni, in orari da sballo? Educare significa condurre fuori, ma stando … davanti! Sapere guidare i giovani nella convinzione che la bellezza salverà il mondo.
Mattia Giglio insegnante di religione ed educatore
Occorre domandarsi chi sono i giovani non “di” Pavia, ma “a” Pavia. I giovani sono quelli che hanno la volontà di essere protagonisti. I giovani non sono il futuro, sono anzitutto il presente. Ai giovani va mostrato un senso, indicato il loro ruolo. Ci vuole coordinamento e collaborazione tra le varie organizzazioni per evitare che nella stessa sera ci siano 5-6 eventi in contemporanea con un’affluenza di 6-7 persone. Ricordarsi della canzone di Gaber: “Giovani, si fa per dire, eternamente innamorati della vita, col gusto di chi sfida il tempo e vive alla giornata, giovani un po' cresciuti che non sanno ancora bene cosa fare, ma sono sempre e comunque in attesa di un grande avvenire.”
Molti sono stati gli interventi del pubblico e le domande poste a Galimberti sul ruolo dei giovani e degli anziani nella città, sulla “buona politica” di cui è stato esempio Bachelet che ricordiamo a 40 anni dalla morte, sul coinvolgimento e la partecipazione.
Crediamo che le risposte di Galimberti si possano sintetizzare in questa frase: “dobbiamo scostarci dalla logica dell’”io”, che oggi è quella dominante, e far prevalere quella del “noi”, con cura e attenzione per tutti, dai giovani agli anziani per costruire una vera “comunità”.