Un Euro: errore o furto?

di Paolo Montagna, 31/01/2012


Pochi giorni fa avevo speso 3 euro in un chiosco, e pagando con una banconota da 5, ho ricevuto come resto 3 monete da 1 euro anziché 2. Ho segnalato l’errore, e restituito la moneta in eccesso. A quel punto, la proprietaria mi ha bisbigliato stupita un “grazie”, mentre altri clienti hanno mostrato altrettanto stupore, quasi con un sorriso, che io – sbagliando? – ho percepito quasi beffardo, come a dire: ma sei stupido? non ti tieni la moneta in più, visto che l’errore è a tuo favore? Confesso poi (e faccio un po’ fatica a confessarlo a me stesso) che per una frazione di secondo ero anche stato tentato di non dire nulla e tenermela, tanto nessuno se ne sarebbe accorto; poi, per fortuna, in un attimo il senso del dovere ha giustamente prevalso.

Questo piccolo episodio mi ha poi fatto pensare. Ho realizzato che, se ogni cosa che càpita, magari casualmente come questo errore, fa sì che scatti in noi, anche inconsapevolmente, una molla che innesca un tentativo di approfittare della situazione a nostro vantaggio (e a danno di altri), allora… siamo proprio conciati male! Se io ne avessi approfittato, l’errore avrebbe brutalmente cambiato nome: sarebbe diventato un furto! Un euro, nulla… ma la sostanza non cambia: io sapevo cosa era capitato, e quindi sarei stato autore di un furto!

E allora lo sguardo si amplia, la mente corre a tantissime situazioni di cui le cronache quotidiane sono stracolme: i blitz della Finanza nella caccia all’evasione fiscale, le dichiarazioni dei redditi di categorie di lavoratori autonomi ridicolmente basse, le goffe e stucchevoli “manovre” dei parlamentari per non ridurre i propri privilegi e non modificare leggi a loro vantaggiose, prima tra tutte la vergognosa legge elettorale… Ma al di là delle notizie dei giornali, c’è la vita vissuta: i tanti casi di ricevute non emesse (anche a Pavia, certo, lo sappiamo tutti!), di infrazioni non sanzionate, di elusione dei propri doveri civici, di interpretazione soggettiva di leggi e regolamenti in modo che non diano troppo fastidio. A noi stessi. E pazienza se danno fastidio agli altri. Tanto, che male c’è? Lo fanno tutti…

Tutto questo si chiama perdita del senso civico, di quel sentire di appartenere a una comunità, che vive grazie ai vincoli di solidarietà e fraternità tra le persone, come in una famiglia, dove nessuno si sognerebbe di fare uno sgarbo ai propri cari perché li sente come parte di se stesso. Il premier Monti ha detto che chi non paga le tasse dà pane avvelenato ai suoi figli. Finalmente qualcuno ne parla: le tasse, brutte sporche e cattive, sono il modo con cui uno Stato moderno finanzia i servizi ai cittadini. Lo Stato ripaga in servizi ciò che i cittadini gli pagano in tasse. E se a pagare le tasse sono in pochi, i servizi saranno carenti: ovvio, no? Il problema è che dei servizi usufruiscono tutti, anche chi le tasse non le paga, e poi magari si lamenta della scarsa qualità dei servizi. Senza spirito di vendetta o rivalsa, però forse bisognerebbe iniziare a pensare che chi viene scoperto evasore fiscale (magari ostentando in modo irritante benessere e lusso), al momento del bisogno non dovrebbe usufruire degli ospedali o delle scuole. Bisognerebbe dirlo! Bisognerebbe soprattutto tornare a dirlo ai ragazzi a scuola e in oratorio, e soprattutto a testimoniarlo con l’esempio ai nostri figli. Il futuro, i giovani… ne parliamo spesso, ma che esempio lasciamo loro perché costruiscano un mondo migliore del nostro?

Il card.Bagnasco pochi giorni fa ha detto chiaro e forte, nella prolusione ufficiale alla CEI, che l’evasione fiscale è un peccato, e che la Chiesa non deve dare adito a dubbi o sospetti di nessun genere riguardo ai suoi obblighi verso lo Stato. Parole molto sagge, molto decise: speriamo le ascoltino in molti, noi per primi, nella nostra realtà diocesana, nelle nostre parrocchie. Parole forse un po’ tardive: se fossero state dette qualche anno fa, magari dieci o venti anni fa, con la stessa intensità di oggi, con la stessa passione con cui si sono spesso giustamente stigmatizzati altri “peccati” (beh, non proprio tutti…), forse non saremmo arrivati a questo livello di mancanza di senso civico. E magari neanche a effetti così pericolosi in questa paurosa crisi economica. Ora, dopo aver assistito al crollo rumoroso di tanti miti e illusioni, e allo sfascio di un’intera stagione politica e sociale, bisogna ricostruire tutto, e prima bisogna spazzar via in fretta le macerie. Tocca a noi, a noi cristiani in quanto cittadini, e insieme a tutti i cittadini onesti di qualunque orientamento politico e religioso, rigenerare questa nostra “famiglia umana” dove tutti siamo legati da precisi vincoli e doveri gli uni gli altri.

In questi giorni ci ha lasciati un grande uomo, il presidente Scalfaro. Teneva sul comodino due libri: il Vangelo e la Costituzione. Due testi per lui entrambi “sacri”, anche se in modo diverso. Non dimentichiamo il suo luminoso esempio.

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